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fothapacu1975

Mappa Grammatica Italiana Pdf 14



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Mappa Grammatica Italiana Pdf 14



Grammatica storica della lingua italiana (12 CFU) canale L-Z per Lettere moderne (L-10, II anno) e Lettere, arti e spettacolo (L-10, II anno) Programma (cfr. -l10-a-a-2021-22/lettere-arti-e-spettacolo-cultura-teatrale/zarra-grammatica-storica-italiana-lz-l10-las-21-22.pdf/view)


Il colore fornisce una guida alla lettura delle mappe, usato come elemento costante che viene ripreso nelle mappe successive, consente di identificare subito la struttura della mappa e gli argomenti affrontati e permette di evidenziare le associazioni utili al ricordo.


La lingua ufficiale (de facto) della Repubblica Italiana, l'italiano, discende storicamente dal toscano letterario, il cui uso in letteratura è iniziato con le cosiddette "Tre Corone" (Dante, Petrarca e Boccaccio) verso il XIII secolo, e si è in seguito evoluto storicamente nella lingua italiana moderna; questa, con l'eccezione di alcune aree di più tarda italianizzazione[4], sarebbe stata ufficialmente adottata come codice linguistico di prestigio presso i vari Stati preunitari a partire dal XVI secolo.[5]


Dal punto di vista degli idiomi locali preesistenti esclusivamente nel parlato, ne consegue un processo di erosione linguistica e di minorizzazione, processo accelerato sensibilmente dall'ampia disponibilità di mezzi di comunicazione di massa in lingua italiana e dalla mobilità della popolazione, oltre ad una scarsa volontà politica di riconoscere una valenza culturale ai dialetti. Questo tipo di cambiamenti ha ridotto sensibilmente l'uso degli idiomi locali, molti dei quali sono ormai considerati in pericolo di estinzione, principalmente a causa dell'avanzare della lingua italiana anche nell'ambito strettamente sociale e relazionale[7].


Esistono poi lingue non territoriali, parlate in Italia ma non in un territorio definito: come gli idiomi dei nomadi Rom e Sinti, e la lingua dei segni italiana (LIS). Quest'ultima è parlata dalla comunità di persone sorde, diffusa in tutto il territorio italiano, e ha radici culturali, grammatica, movimento e morfologia, movimento spazio-tempo. La popolazione italiana dei sordi è composta da circa 3 524 906[42] persone che utilizzano la LIS e degli Assistenti alla Comunicazione e degli Interpreti, ed è riconosciuta dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata in Italia nel 2009. Spesso queste lingue trovano tutela solo nella legislazione regionale, come altre regioni tra cui la Sicilia che ha promosso la diffusione della LIS, con la L.R. 23/2011[43], in Piemonte la L.R. 31/2012[44], in Basilicata la LR 30/2017[45], in Lombardia la LR 20/2016[46], in Lazio con la LR 6/2015[47]. Esiste infine il metodo Malossi, una lingua tattile utilizzata dalle persone sordo-cieche e dai loro assistenti in varie parti d'Italia.


I dialetti italo-romanzi sono anche descritti come lingue sorelle dell'italiano[52][53][54][55][56], essendo dialetti romanzi primari, ossia varietà indipendenti e coeve alla lingua italiana, sviluppatesi autonomamente a partire dal latino;[48][51][54][57] vanno perciò distinti dagli italiani regionali, che sono le varietà locali della lingua italiana, da cui derivano, e che costituiscono dei dialetti romanzi secondari.[58][59][60]


Il toscano è costituito dalle varietà toscane e da quelle più o meno affini parlate in Corsica e nella Sardegna settentrionale. Nonostante non sia una lingua appartenente alla Romània occidentale, presenta molti caratteri tipici della zona altoitaliana[72]. L'italiano letterario è da considerarsi un'altra variante (sebbene molto influenzata da altri idiomi italoromanzi) del dialetto toscano. Il còrso settentrionale o di Cismonte e, in particolare, quello parlato nella regione storica del Capo Corso, è affine al toscano occidentale, dal quale però si differenzia per alcune forme lessicali e le finali in /u/.


Stante la difficoltà di definire il confine tra dialetto e lingua, al primo gli studiosi di linguistica alternano anche l'espressione "varietà linguistiche", che assieme alla "varietà standard" formano un sistema linguistico (varietà + standard). Qualsiasi idioma ha una grammatica e un lessico, perché senza grammatica e lessico non esisterebbe alcun linguaggio umano comprensibile.


Dal punto di vista della linguistica, la discriminazione dei cosiddetti "dialetti" è ingiustificata, così come la presunzione di superiorità di alcune varietà rispetto ad altre[81]. I dialetti presenti in Italia hanno infatti una loro grammatica, un loro lessico e spesso una letteratura. La stessa lingua italiana deriva dal dialetto toscano letterario di base fiorentina del XIV secolo, che dal XVI secolo venne progressivamente impiegato nella penisola italiana e in Sicilia come modello linguistico esemplare[82].


Poiché per la linguistica tutti i dialetti e le lingue sono pertanto insiemi di segni e regole ordinati e funzionanti analogamente, secondo alcuni studiosi la distinzione avviene esclusivamente a livello politico e storico: ricorrendo al termine "lingua" molte culture fanno riferimento all'esistenza di un sistema riconosciuto dalle istituzioni, codificato e con a disposizione testi letterari e/o ufficiali scritti in quella lingua. È questo il caso del sardo e del friulano, che hanno anche ottenuto il riconoscimento statale di minoranze linguistiche per i propri parlanti[83]. La minoranza linguistica friulana e quella sarda parlano due lingue che verosimilmente non appartengono al gruppo italo-romanzo e che sono generalmente classificate in maniera autonoma nell'ambito delle lingue romanze[84]. Lo stesso Tullio De Mauro in un suo libro considera sardo, ladino e friulano come "formazioni autonome rispetto al complesso dei dialetti italoromanzi"[85]. Secondo Sergio Salvi, ascrivere la lingua friulana, come fanno alcuni linguisti italiani, al sistema dell'italiano "tout court" è possibile soltanto allargando talmente la definizione della lingua italiana da trasformarla, più o meno, in... lingua romanza. Se il friulano è un dialetto italiano, non si vede perché non lo debba essere, per esempio, anche l'occitanico[86]. Nel caso della lingua sarda e di quelle retoromanze (ladino e friulano), il legislatore italiano, con la legge 482/99 che riconosce lo status di minoranze linguistiche a ladini, friulani e sardi, ha preso atto di quanto già ampiamente postulato dalla linguistica, cui si aggiungono riconosciuti requisiti storici, antropologici e identitari.


Tuttavia, l'accezione di dialetto inteso come "varietà della lingua nazionale" è ancora radicata, con ambiguità e relativismo semantici. In particolare dal punto di vista politico, legislativo e giurisprudenziale, il termine "dialetto" è usato in questa accezione per definire qualsiasi idioma storico, romanzo e talvolta anche non-romanzo, parlato in un'area geografica del paese e che non goda dello status di "lingua" in regime di ufficialità, coufficialità e/o bilinguismo. Nella categoria ricadono numerosi idiomi italiani dotati di storia propria, non intercomprensibili e spesso fregiati di una propria tradizione letteraria di rilievo, come, ad esempio, il veneto e tanti altri. Eppure, nonostante la presenza di un corpus letterario, essi continuano ad essere percepiti come "dialetti" o lingue orali dalla popolazione, gran parte della quale - compreso chi li parla - non è in grado di scriverli. Ciò è anche dovuto all'abitudine di ricorrere ad un'incompatibile ortografia italiana, che genera sistemi di scrittura variabili laddove questi idiomi vengano usati in forma scritta (internet, segnaletica e cartellonistica, messaggi)[89].


L'opinione alternativa, che sta incominciando a farsi strada anche tra alcuni linguisti di lingua italiana, rifiuta l'accezione di dialetto inteso come varietà della lingua nazionale preferendo quella di sistema linguistico indipendente dalla lingua nazionale. Ciò ha portato dunque a utilizzare il termine "lingua" in luogo di "dialetto" (ad esempio, lingua siciliana o lingua romagnola); questa posizione è stata condivisa, nel Parlamento Europeo, dal gruppo Verdi/ALE, in un convegno internazionale che ha avuto luogo nel 1999[90]. Il Consiglio d'Europa nei suoi trattati non indica le lingue (e relative popolazione) da tutelare, né indica i criteri per distinguere una lingua da un dialetto, né riconosce ad alcun idioma lo status di lingua; tale competenza è sempre degli Stati, i quali hanno firmato e ratificato il trattato internazionale europeo.


Tutti gli idiomi diversi dalle lingue parlate dalle "minoranze linguistiche storiche" riconosciute e tutelate ai sensi dell'art. 6 della Costituzione italiana, elencate nell'art. 2 della legge 482/99, possono essere esclusivamente valorizzati sul solo piano culturale ai sensi dell'art. 9 della Costituzione italiana, quale patrimonio culturale immateriale regionale.[122] 2ff7e9595c


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